ho letto il libro di barbara di gregorio, “le giostre sono per gli scemi”. quando l’ho cominciato, di lei sapevo solo che era pescarese e che nelle foto non sorrideva mai, e per questo mi intristivo. poi ho assistito ad una discussione secondo la quale la pescara che usciva dal libro era una pescara brutta, volgare, e perciò tremendamente reale.
così ho cominciato il libro piuttosto prevenuta, e l’ho finito piuttosto orgogliosa di me. di me, sì, perchè alla fine il libro mi è piaciuto. e lei -l’ho potuto constatare alla presentazione alla feltrinelli- non è vero che non sorride.
il mio amico oscar dice che il libro di barbara di gregorio è pervaso di mestizia. lui la ritiene una mestizia che caratterizza pescara, con i suoi palazzoni grigi e irregolari, ma io penso una cosa diversa. la mestizia c’è, lui ha ragione, ma non è legata al luogo: pescara infatti, a guardare bene, è un non luogo, anzi è presente solo con nomi di vie e piccole, piccolissime descrizioni che appartengono ai ricordi dell’autrice.
la mestizia del libro di barbara di gregorio appartiene ad una intera generazione: quella che ha vissuto gli anni ’90, quella che decide per impulso, perchè sa-lei-cosa-deve-fare, quella che forse non è mai cresciuta del tutto.
adesso attenzione per chi non ha letto il libro, perchè segue spoiler.
la storia è convincente per la prima metà. nella seconda metà è disorientante e lo rimane per parecchie pagine. in un contesto assolutamente reale e ben definito, cade tra capo e collo un elemento assolutamente irreale ma altrettanto ben definito.
ci si mette un bel po’ di tempo ad abituarsi all’idea che possa esistere una categoria di persone che sanno volare. ci sono persone che sanno calcolare la radice quadrata a mente, persone che sanno parlare con gli angeli, persone che vedono con il terzo occhio e infine… loro, le persone che sanno volare.
come tutte le persone speciali, loro sarebbero molto volentieri “normali”. si devono nascondere, fino a restare quasi un passo indietro rispetto agli altri. devono degradarsi, per non dare troppo nell’occhio, e non sono libere di essere se stesse finchè non sono pronte a pagarne le conseguenze.
“e tu perchè voli?”
“perchè sennò mi fanno male le ali”