leggera, eterea, sottile; disordinata, lineare ma un po’ pasticciona; una creatura dalla voce che ti accarezza in maniera così suadente che in realtà ti graffia piano, e che se lo decide può farti anche sanguinare.
se rinasco sposo sandra ippoliti. uomo o donna non importa, perchè è chiaro, sarebbe una relazione aperta: non mi interessa possedere il suo corpo o la sua anima, anzi lei potrebbe frequentare chi vuole. sandra non si può ingabbiare: leggiadra come l’aria, uscirebbe fuori dalla finestra senza lasciare il tempo di accorgersene, e lo farebbe con una grazia tale che sarebbe dura dirle di rientrare. sposandola le chiederei solo un privilegio: poterla ascoltare ogni volta che prova, che compone, in segreto, nella sua stanza; ogni volta che fa mm-mm nell’inseguire un motivetto che le guizza in testa, o coglierla mentre con gli occhi chiusi e il resto del corpo disegna il pentagramma della sua ispirazione.
conosco poco sandra ippoliti, ma quello che so di lei mi basta. le prime volte non la riconoscevo neanche subito quando la incontravo, perchè lei è fatta così, non spicca, piuttosto si sotterra. non alza il braccio per dire io-io, anzi finisce per confondersi con lo sgabello e tu non ti accorgi della sua presenza fino a quando non comincia a cantare.
allora ti senti come un serpente calamitato da un suono che accarezza e distrugge. un ulisse senza speranza che non sa se stavolta ce la fa a legarsi all’albero maestro per sconfiggere il richiamo delle sirene. se sandra è lì e tutto il resto tace, è magia. ascoltarla in silenzio è entrare in intimità con lei.
sandra può osare. l’ho ascoltata di nuovo ieri sera in occasione di “pigro – cantautori in vigna” a bolognano e mi sono emozionata. avrei potuto piangere.
sandra tocca delle corde del cuore che vibrano insieme alla sua voce.