domani inizia un nuovo anno scolastico e io voglio fare un sermone.
voglio fare un sermone e voglio dire: lasciamo che il diritto alla disconnessione venga a noi.
la scuola occupa almeno metà del mio tempo. tre quarti del tempo dei miei studenti.
sento raccontare che molti insegnanti, di ogni ordine e grado, ne chiedono invece un po’ di più. che assegnano i compiti delle vacanze il 19 di luglio e cambiano sistematicamente le consegne alle 20 di sera.
a volte l’ho fatto anch’io. ma nel frattempo guardavo le mie chat scolastiche affollarsi fino a sera tardi e proporre riunioni non urgenti per il fine settimana nonostante vigesse la settimana corta (eh, ma sono on line). e mi era chiaro che qualcosa non andava.
ecco cosa auguro a tutti noi per l’anno scolastico 2022/23:
di lasciarci illuminare dalla saggezza e dalle capacità organizzative degli anni novanta, in cui una cosa o la dicevi e facevi sul luogo di lavoro o non la facevi per niente.
di riuscire a conservare – e lasciare agli altri – il diritto di inscatolare la scuola in momenti precisi e fertili: se si sta a scuola sempre, si finisce per non starci mai.
penso che dovremmo essere noi adulti a mostrare per primi ai ragazzi che la vita vera è oltre il display. che i compiti dovrebbero essere assegnati a lezione e non decisi alle cinque del pomeriggio; che il diario non dovrebbe sparire dagli zaini; che dovremmo calibrare la messaggistica su funzioni elementari e necessarie, indispensabili, urgenti per davvero.
nel 1996 non avrei chiamato al telefono di casa la mia professoressa di chimica per rimandare l’interrogazione.
sì, sono una nostalgica.
ogni anno lotto strenuamente contro la disponibilità a tutte le ore.
sollevo disapprovazione negli altri quando scelgo di non dare il mio numero a studenti e genitori. quando per le comunicazioni private chiedo di usare l’e-mail istituzionale o google classroom.
dal 2020, e solo se strettamente necessario, al limite fornisco il mio contatto telegram.
lotto, resisto, sono una partigiana del diritto alla disconnessione.
dite che la penso all’antica?
allora forse dovremmo antichizzarci tutti. tornare lenti, guardare negli occhi. ricordare la bellezza e la gratificazione del qui e ora. insegnare ai ragazzi che in fondo non è giusto essere dappertutto in ogni momento. donare a noi e a loro la divisione fra lavoro e vita privata.
non possiamo essere produttivi, se ci impediamo di “staccare”.
cosa ci costa?
l’organizzazione.
ma daremo ai ragazzi un modello utile per i loro futuri mestieri.
non sono un’insegnante ineccepibile, non sono un’insegnante che resta nel cuore.
ma sono un’insegnante, e credo che ogni persona che fa il mio lavoro dovrebbe avere un’ideologia precisa.
più passano gli anni e più vedo che tra le mie priorità non ci sono la data di nascita di oscar wilde o i quattro condizionali inglesi: ci sono il rispetto per gli altri, che passa attraverso il rispetto per sé stessi.
che questo anno scolastico ci restituisca i confini persi in DaD.
(ve lo avevo detto, che avrei fatto un sermone)